La guerra in Ucraina e il suo ruolo da mediatore ha dato a Erdogan il potere di minacciare l’Europa.
La Turchia non ha intenzione di ritirare il veto dell’adesione alla Nato alla Svezia finché Stoccolma non sarà disposta a sacrificare i curdi che protegge per entrare nell’alleanza atlantica. La minaccia di Erdogan nei confronti della Svezia non trova ostacoli, anzi, è appoggiata dal Segretario generale dell’Alleanza atlantica. I rifugiati curdi del Pkk specialmente sono riconosciuti come terroristi anche dai paesi occidentali.
La comunità curda è integrata nella società svedese da anni costando a Stoccolma l’accusa di essere un santuario del terrorismo. Ora il paese scandinavo si trova davanti ad una scelta difficile: rinunciare ad entrare nella Nato o sacrificare i curdi. Erdogan sa quanto è importante, in questo momento storico con la guerra alle porte, entrare nella Nato e proteggersi sotto l’ombrello atlantico, così gioca la sua pressione.
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Ankara non minaccia solo Stoccolma, ma tutte le democrazie europee
In più, il presidente turco esce rafforzato da questo scontro tra Ucraina e Russia grazie al suo ruolo di mediatore. Ankara si è offerta di gestire i negoziati tra i due paesi e la Nato e di trovare un accordo per il grano. Insomma, Erdogan sta rafforzando il suo potere a livello mondiale. Per i curdi a Stoccolma infatti non si tratta di un problema soltanto della Svezia.
“L’obiettivo della Turchia è esportare la tirannia e l’autoritarismo in Europa. Erdogan vuole minare la democrazia e costringere gli stati europei a tradire sé stessi e i propri valori” ha detto Isvec presidente del centro democratico curdo di Stoccolma a Domani. Allo stesso modo di come vuole eliminare i curdi perché percepiti dal presidente turco come una minaccia dato che vogliono creare un sistema democratico in Medio Oriente.
I curdi non ci stanno alla sottomissione di Stoccolma ad Ankara pur essendo favorevoli all’entrata nella Nato. Sono convinti che le cose in Svezia e in Europa cambieranno se inizieranno a cedere alle pressioni antidemocratiche di Erdogan. “E’ la Turchia che deve cambiare, non Stoccolma” sottolinea Isvec.